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 IL PARROCO E I FEDELI INCARICATI DAL VESCOVO DELL’INDAGINE PASTORALE DIOCESANA PREVIA AL PROCESSO CANONICO: INVALIDITA’ E SCIOGLIMENTO DEL VINCOLO MATRIMONIALE

Il papa Francesco, rivolgendosi ai Vescovi ordinati nel corso dell’anno, il 14 di settembre 2017 ritornava sul tema centrale del suo magistero, enunciato nella Esortazione Apostolica “Amoris laetitia”: il discernimento spirituale e pastorale ( N. 37). Compito specifico del sacerdote in cura d’anime, e quindi del Parroco, il discernimento non è riservato “ ai saggi, ai perspicaci e ai perfetti”, perché “Dio spesso resiste ai superbi e si mostra agli umili……salva sostenendo e guidando i passi possibili da compiere”. Pertanto il Parroco e i suoi collaboratori nella pastorale familiare non devono essere necessariamente specialisti in diritto processuale o in altre discipline, ma avere una buona formazione di base, umana ed ecclesiale, “secondo la visione ecclesiologica-sinodale del Pontefice, dove la funzione giuridica è necessaria, ma non essenziale, ed è utile e proficua soltanto se diaconale” ( cfr. Pio Vito Pinto, Decano della Rota). Prosegue Papa Francesco: “ll discernimento è un rimedio all’immobilismo del “si è sempre fatto così” o del “prendiamo tempo”. È un processo creativo, che non si limita ad applicare schemi. E’ un antidoto contro la rigidità, perché le medesime soluzioni non sono valide ovunque. È sempre l’oggi perenne del Risorto che impone di non rassegnarsi alla ripetizione del passato e di avere il coraggio di domandarsi se le proposte di ieri sono ancora evangelicamente valide.… Dobbiamo sforzarci di crescere in un discernimento incarnato e inclusivo, che dialoghi con la coscienza dei fedeli che va formata e non sostituita, in un processo di accompagnamento paziente e coraggioso, perché possa maturare la capacità di ciascuno…….  Solo nel silenzio della preghiera si può imparare la voce di Dio, percepire le tracce del suo linguaggio, accedere alla sua verità, che è una luce assai diversa, che “non sta al di sopra dell’intelligenza quasi come l’olio che galleggia sull’acqua”, è assai superiore perché solo “chi conosce la verità conosce questa luce” (cfr Agostino, Conf. VII, 10.16). Ma per progredire su questa via, conclude il Papa: “occorre educarsi alla pazienza di Dio e ai suoi tempi, che non sono mai i nostri”. Come in un lontano passato il Grande Vescovo di Ippona Agostino, mettendo da parte le dotte dispute sui massimi sistemi, si prefiggeva di parlare ai semplici, scrivendo il “ De catechizandis rudibus”, sui rudimenti della fede cristiana, altrettanto pare voglia fare Papa Francesco, sentendo l’urgenza pastorale di istituire un vero e proprio catecumenato su matrimonio e famiglia, affidato in primo luogo ai Parroci.

Giova richiamare qui l’ultimo canone del Codice di Diritto Canonico, dove si legge “ salus animarum suprema lex in Ecclesia”( can. 1752), espressione che va intesa in tutta la profondità del suo significato, e non soltanto sub specie aeternitatis in prospettiva escatologica, specialmente dinanzi a persone in situazioni difficili e di grande sofferenza, che hanno alle spalle un matrimonio fallito. Fine ultimo dell’ordinamento canonico, la salus animarum, “talora sbandierata come motivo per essere più pastorali e meno giuridici”, scrive il prof. Hector Franceschi, della Pontificia Università della Santa Croce, che aggiunge: “ritengo fondamentale che, i pastori e coloro che consigliano i fedeli durante l’indagine previa ……. non dimentichino mai che il loro è un ministero di verità e che solo nella verità sul vincolo c’è una vera risposta pastorale, che mira cioè alla salus animarum”. La vera pastorale tocca l’uomo in situazione e lo accompagna in un cammino di crescita graduale verso l’incontro definitivo con Cristo, unica via di salvezza, come ricorda Papa Francesco, senza tuttavia mettere in ombra lo splendore della verità.  In effetti non si tratta che di uno scontro apparente e fittizio tra una visione pastorale e una visione giuridica, laddove non c’è incompatibilità, ma complementarietà, anzi l’ostacolo può essere facilmente superato da un sapiente discernimento evangelico ( cfr. Diego Fares S. J., Aiuti per discernere i discorsi ingannevoli, in La Civiltà Cattolica, q. 4016, ottobre 2017, pp. 105-118).  Oggi, “in questa società bisognosa di luce e di chiarezza, in mezzo al buio in cui si muove …dove la stragrande maggioranza degli ordinamenti civili tende a distruggere  il matrimonio” ( prof. Franceschi),  sono rimasti in pochi, specie tra le nuove generazioni, a credere nella indissolubilità del vincolo., è principalmente  questione di mancanza di Fede ( cfr. Regole procedurali, art. 14 § 1).  Per porvi rimedio non serve enunciare principi sacrosanti accompagnati da anatemi, ma piuttosto trasmettere ai nubendi “la bellezza cristiana del matrimonio, da difendere, aiutare, sostenere ed edificare” con un sapiente catecumenato ( cfr. Intervento di Mgr. Pio  Vito Pinto), che è ciò che sta tanto a cuore a Papa Francesco.

Un dato significativo, quantunque limitato e circoscritto, evidenzia l’andamento dell’attenzione al Sacramento del matrimonio da parte dei nubendi e dei fedeli cristiani in genere nelle nostre regioni: nell’anno 1975 nel Comune di Torino, i matrimoni concordatari ( celebrati in chiesa e trascritti nei registri dello Stato Civile), furono settemila e oltre ( 7540), con un vistoso calo nel corso di mezzo secolo, nel 2016 infatti  furono appena qualche centinaio (704). Tralasciando l’analisi delle cause del fenomeno e le prevedibili conseguenze demografiche e sociali, si intravvede la crescente povertà di fede e di speranza in Dio e nella sua Parola da parte di persone, che si uniscono alla maniera dei pagani a formare famiglie o convivenze che rinunciano a trasmettere determinati valori ai figli, quando non li escludono positivamente.  Da questi dati è facile ipotizzare nuovi scenari sul fronte delle cause di nullità del matrimonio, indicate come primo passo dell’indagine pastorale, da svolgere nell’ambito della pastorale familiare diocesana, che dovrà comunque accompagnare e sostenere il crescente numero di battezzati che, non avendo celebrato il Sacramento del matrimonio non ha titolo per chiederne la dichiarazione di nullità. Il servizio pastorale quindi va ben oltre i confini dell’accertamento della eventuale invalidità del matrimonio. Allo scopo di fornire utili ed uniformi indicazioni il Sussidio applicativo del MP Mitis Judex  suggerisce alle Conferenze Episcopali la redazione di un Vademecum per gli operatori del settore ( cfr. Sussidio applicativo,  n. 2). L’indagine pastorale, per quanto concerne l’accertamento di una eventuale procedura canonica, termina con la presentazione della domanda ( o libello) alla Autorità competente e si passa alla via giudiziaria o amministrativa della Chiesa. ( cfr. Sussidio applicativo, I, Immediati provvedimenti del Vescovo Diocesano).

* * *

Quando il matrimonio è invalido? Nell’indagine previa il parroco dovrà confrontare le situazioni  particolari che gli si presentano con i così detti “capi di nullità”, ovvero i motivi e le circostanze che rendono praticamente inesistente ( invalido o nullo) un matrimonio. Occorre precisare in proposito che i motivi di nullità restano quelli stabiliti dalla normativa canonica vigente ( CIC 1983, cann. 1083ss; 1095ss; 1108ss),  applicata alla luce della giurisprudenza dei Tribunali, ma con un nuovo approccio pastorale, che tenga conto delle fragilità del nostro tempo, cioè con attenzione particolare alla persona, in linea con la recente riforma  di Papa Francesco.

  Il confronto non si dovrà svolgere in forma eccessivamente tecnica, facendo domande troppo dirette o suggestive, ma con sapienza e prudenza. Il colloquio non dovrà perdersi in circostanze inutili, ma mantenendosi sugli argomenti inerenti la validità del matrimonio, dovrà essere condotto alla meta desiderata, senza lasciarsi pilotare dagli sfoghi delle Parti, non di rado in aperto conflitto tra di loro   ( cfr. Relazione del Padre Constanz Adams,O.P. n. 7).  Punto di partenza di ogni consulenza è il fatto che la legge canonica tutela il matrimonio con una presunzione di validità ( cfr. CIC can. 1060), sicchè chi mette in dubbio la validità del matrimonio che ha celebrato ha l‘onere della prova, cioè lo deve sempre dimostrare fornendo le prove testimoniali o documentali di cui dispone. Da questo punto di riferimento essenziale si dovrà rileggere  il vissuto delle persone che lo richiedono ed offrire loro un parere in merito alla possibilità di avviare una causa di nullità matrimoniale. Occorre inoltre tenere presente, che secondo il principio che ha prevalso tra le scuole medievali “ matrimonim facit partium consensus et non concubitus”, è attorno al libero consenso dei nubendi che si gioca la validità del matrimonio. Per un autentico servizio di verità sul matrimonio la Chiesa ha stabilito delle norme ( capi di nullità) ed elaborato una vasta e puntuale giurisprudenza in merito tramite i Tribunali. Il Consulente  dovrà pertanto conoscere, almeno sommariamente, i capi di nullità del matrimonio, che si possono raccogliere sinteticamente  attorno a quattro ambiti:

I.                I cosidetti vizi del consenso: a) la coazione fisica o morale grave ( vis et metus gravis); b) errori rilevanti circa le proprietà essenziali del matrimonio ( unità, indissolubilità e sacramentalità), tali da determinare il consenso; c) errori sulla identità della persona del coniuge o su una delle sue qualità principalmente e direttamente intesa ( errori spontanei o dolosi); d) condizioni invalidanti apposte al consenso. In sostanza tutte circostanze  senza le quali non  può sussistere  un consenso pienamente umano, dove sono in gioco i valori della libertà e della sincerità.

II.                L’incapacità fisiologica o psicologica della persona di uno dei coniugi o di entrambi: a) l’impotenza coeundi  ( da tenere distinta dalla impotenza generandi  o sterilità, che non rende invalido il matrimonio) per cause di natura organica o funzionale, antecedente le nozze, perpetua ed inemen-dabile; causa di un impedimento dirimente (invalidante) dal quale non si può ottenere dispensa; b)  l’insufficiente uso di ragione; c) la mancanza grave della discrezione di giudizio, circa gli elementi costitutivi del matrimonio; d) l’incapacità di assumere gli oneri coniugali per cause di natura psichica. Si tratta in tutti questi casi della struttura interna della persona umana e dei meccanismi che presiedono alla capacità di scelta e di assunzione della vita matrimoniale e genitoriale ( malattie psichiche, disturbi gravi della personalità, come il narcisismo, il feticismo ecc…, dipendenze varie da droghe,  alcool,  gioco d’azzardo ecc… ).

III.            Un terzo gruppo riguarda i cosidetti  difetti volontari del consenso, cioè atti  di simulazione che, al di là delle parole esternamente espresse, di fatto portano alla esclusione o del matrimonio come tale o di una sua proprietà essenziale ( unità-fedeltà, indissolubilità, sacramentalità) ovvero di un elemento essenziale ( il bonum prolis /procreazione e il bonum coniugum). Si fa qui riferimento alla responsabilità dei nubendi, cioè alla effettiva adesione della volontà ad un progetto di vita che non può essere arbitrariamente variato dall’uomo, ma che, determinato dal Creatore, la Chiesa propone ai nubendi per una incondizionata e fiduciosa assunzione. 

IV.             L’ultimo ambito abbraccia i casi in cui si verifica il difetto o la mancanza di un elemento  necessario per disposizione di legge ad validitatem : a) della dispensa da un impedimento dirimente, quando la Chiesa la suole concedere; b) della forma canonica stabilita dal CIC ( cfr. can. 1108 ), c) del ministro sacro ( richiesto ad validitatem dalla Chiesa Orientale) nei matri-moni misti inte-rituali o inter-ecclesiali, cui assiste un diacono di rito latino.

                                                                                                                                       

 

Quando la Chiesa scioglie un matrimonio valido? Per antica tradizione, che risale all’Apostolo Paolo ( privilegio paolino ) il Romano Pontefice, in forza della potestà vicaria, può sciogliere in forma amministrativa graziosa e a determinate condizioni: a) il matrimonio, alla cui celebrazione non abbia fatto seguito la consumazione  ( dispensa super rato); b)in favorem fidei” il matrimonio non sacramentale di persone non battezzate o di cui una soltanto abbia ricevuto il Battesimo ( cfr. CIC cann. 1143-1149; cfr. Congregatio Doctrinae Fidei,Normae …pro solutione vinculi matrimonialis, 30 aprilis  2001). Soltanto nei casi dianzi-detti la Chiesa suole sciogliere, in forza della potestà di legare e di sciogliere conferitale da Cristo, il vincolo matrimoniale intrinsecamente indissolubile per diritto divino “ l’uomo non sciolga ciò che Dio ha unito”.

 

IL PARROCO E I CONIUGI CRISTIANI CHE VIVONO SEPARATI O HANNO FORMATO UNA NUOVA FAMIGLIA                                                                                                                                                                                            

Orientamenti pastorali alla luce del recente Documento di Papa Francesco

 

         Papa Francesco con la promulgazione, il 15 agosto 2015, della Lettera Apostolica “ Mitis judex Dominus Jesus”, entrata in vigore in tutte le Chiese particolari ( Diocesi) l’otto dicembre dello stesso anno, non a caso in due Solennità dedicate alla Santissima Vergine Maria, avviava la riforma della normativa canonica relativa alle cause matrimoniali, predisponendo nell’arco di alcuni mesi un utilissimo sussidio applicativo, a differenza delle pregevoli Istruzioni Provida mater Ecclesia e Dignitas connubii, pubblicate dai Dicasteri della Santa Sede competenti, solo una ventina di anni dopo la promulgazione del  Codice di Diritto Canonico nel 1917 e del Nuovo Codice aggiornato nel1983, rispettivamente  il 15 agosto 1936 e  il 25 gennaio 2005.

     Frutto maturo che sfocia dall’ampia e profonda riflessione dei due ultimi Sinodi dei Vescovi sul matrimonio e la famiglia, la Lettera apostolica collegiale Mitis Judex, prevede non soltanto strutture giuridiche più agili e semplificate, ma anzitutto un servizio pastorale che consenta ai fedeli di raggiungere con maggiore facilità il Parroco o un Sacerdote amico e il Vescovo per un discernimento pastorale della loro situazione matrimoniale in crisi e successivamente, se del caso, il Tribunale ecclesiastico più vicino ed accessibile senza enorme dispendio di tempo e di mezzi, come si lamentava in passato, qual’ è appunto  la Sede del Vescovo diocesano  o del Metropolita (ovvero il Vescovo che presiede la Regione ecclesiastica - in Piemonte sono due: Torino e Vercelli) in grado di appello, fatta salva la possibilità di appellare in ogni caso e gratuitamente avanti alla Rota Romana, il Tribunale del Papa a Roma. Appello sempre possibile a chi si ritenga gravato da una sentenza ingiusta, ma ora non più necessario per la dichiarazione definitiva di nullità, come stabiliva Benedetto XIV, esigendo la così detta doppia sentenza conforme, cioè due sentenze affermative che dichiarino la nullità del matrimonio.  Il Giudice in effetti non scioglie il vincolo matrimoniale, indissolubile per diritto divino, ma si limita a dichiarare che tale vincolo nel caso in questione non è mai esistito per difetto di presupposti essenziali, oggi spesso connessi ad una radicale mancanza di fede. Il matrimonio di due battezzati in tal caso non è valido, dunque non sussiste il Sacramento.

    Nella Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” il Papa scriveva:” La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri…..a questa < arte dell’ accompagnamento >”  ( n. 169 ). Il Legislatore indica, quanto alla sollecitudine pastorale, in primo luogo “ il Parroco proprio o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze” ( Regole procedurali, art. 3 ). Forse è la prima volta che il documento finale di un Sinodo dei Vescovi, non termina come lettera dottrinale destinata agli archivi, ma si traduce in immediate direttive pastorali; l’accompagnamento infatti oltre a mirare ad un superamento delle frequenti crisi matrimoniali del nostro tempo, ha lo scopo di effettuare una  verifica concreta della validità del sacramento e di “ raccogliere elementi utili per il processo canonico, ordinario o breviore” ( nuova procedura, quest’ultima, che si risolve in tempi brevissimi, nei casi più evidenti che non richiedono indagini più approfondite, a giudizio del Vescovo, con il supporto logistico del suo Tribunale).

     Autorevoli commenti e studi apparsi nei mesi scorsi hanno contribuito ad un serio approfondimento delle questioni insorte a margine del Documento Pontificio sul nuovo assetto del processo matrimoniale, oggetto di Corsi di formazione, promossi in tutta la Chiesa dal Tribunale Apostolico della Rota,  cui è affidato anche  questo compito molto importante.  Il primo incontro dei Parroci presso la sede della Rota Romana a Palazzo della Cancelleria sul finire del mese di febbraio 2017,  con la presenza di insigni relatori Padri Sinodali, il Card. Christofer Schonborn di Vienna, Carlos Osoro Sierra di Madrid, il Card. Beniamino Stella, della Congregazione per il Clero, rappresentato dal Segretario, Sua Eccellenza il Decano della Rota, invitato per la prima volta dal Papa al Sinodo, e di altri esperti e Uditori Rotali, e la parteci-pazione assidua ed attenta di oltre cinquecento parroci alle tre intense giornate di studio, ha suscitato grande interesse e palese entusiasmo.

    Rivolgendosi ai parroci presenti all’udienza concessa il sabato 25 febbraio a conclusione del Corso il Santo Padre diceva:” Nella maggior parte dei casi voi siete i primi interlocutori dei giovani che desiderano…sposarsi nel Sacramento del matrimonio….e di quei coniugi che a causa di seri problemi nella loro relazione, si trovano in crisi e hanno bisogno di ravvivare la fede e riscoprire la Grazia….e in certi casi chiedono indicazioni per iniziare un processo di nullità, nessuno meglio di voi è a contatto del tessuto sociale sul territorio sperimentandone la complessità: unioni celebrate in Cristo, unioni di fatto, unioni civili, unioni fallite……di ognuna di queste persone siete chiamati ad essere compagni di viaggio per testimoniare e sostenere…..”. Ed  aggiungeva: “ fate in modo che i vostri fedeli vi riconoscano non tanto come esperti di atti burocratici o di norme giuridiche, ma come fratelli che si pongono in un atteggiamento di ascolto e di comprensione”. In effetti il Parroco non deve essere necessariamente un esperto in materia giuridica o giurisprudenza ecclesiastica, per questa funzione il Sinodo ha previsto l’istituzione di un ufficio diocesano nell’ambito della pastorale familiare, oltre all’ istituto pastorale dei Patroni stabili, già operante presso ogni Tribunale ecclesiastico, che offre consulenza e patrocinio gratuitamente ( cfr. CIC. Can. 1490). Come alcuni relatori al Corso hanno ribadito con insistenza, il Parroco deve avere “una buona formazione di base, che permetta di non lasciarsi andare ad un atteggiamento lassista, che superficialmente vede ovunque nullità matrimoniali, né da una posizione disfattista di chi sconsiglia la procedura canonica, appannaggio di pochi benestanti, ma neppure da una visione eccessivamente rigorista, quasi a salvaguardia dell’indissolubilità del Sacramento del matrimonio. Tutti i consulenti parrocchiali, oltre al Parroco, dovranno sapere offrire “ un parere equilibrato e là dove ve ne siano i presupposti, inviare ad un livello di consulenza più specificato “( cfr. Relazione K. Adam, O.P.).

    L’incontro del Parroco con i fedeli che chiedono una verifica del loro matrimonio in crisi, esige anzitutto “ una particolare capacità, che sappia articolare sensibilità pastorale, competenza e doti umane” ( ivi cit.). Il Parroco dovrebbe saper discernere nelle diverse situazioni anzitutto le motivazioni che spingono il fedele a tale richiesta. Se il rancore personale,  l ‘interesse materiale, oppure problemi di coscienza e desiderio di regolarizzare l’attuale situazione. In base alla conoscenza approfondita della persona, infatti, si potrà svolgere un accompagnamento pastorale più adatto.  La prima indicazione riguarda la cordialità del Pastore e la sincerità del richiedente. Il colloquio non si esaurisce con un semplice scambio di confidenze o un interrogatorio di terzo grado, ma deve essere un ascolto fiducioso, cordiale, comprensivo, ma al tempo stesso adeguatamente distanziato, così da permettere alla persona di esprimersi serenamente e di raggiungere una valutazione il più possibile oggettiva, fondata sulla verità dei fatti descritti; una verità che riconosce la legittima personale interpretazione e quindi anche la possibile diversa lettura dell’altro coniuge. Con prudenza e rispetto il Parroco proporrà al coniuge l’opportunità di approfondire certi ambiti o di svelare certi retroscena, che lungi dal giudicare la persona, consentirà di giungere ad un parere più motivato, evitando così di entrare in altri ambiti irrilevanti ai fini dell’ac-compagnamento pastorale e più specificamente dell’indagine canonica. Non si tratta di esprimere giudizi di colpevolezza, ma di raggiungere il maggior grado di veridicità in base alle circostanze pre e post-nuziali, ci si chiede cioè se sul nascere del matrimonio fossero presenti tutte le condizioni essenziali per la validità.

    Il colloquio passerà dunque in rassegna le diverse tappe della relazione tra i coniugi: dal fidanzamento alla decisione delle nozze, alle intenzioni concrete prenuziali dei nubendi, alla condizione psicologica, alle circostanze esterne ( consigli di parenti, amici, sacerdoti); dalla preparazione prossima ed immediata alla celebrazione del matrimonio, quindi si passerà al periodo successivo con particolare attenzione all’insorgere o meno di una adeguata integrazione sentimentale e sessuale, alla procreazione dei figli. Quindi  ci si soffermerà sul primo insorgere delle difficoltà o crisi matrimoniali, descrivendone le circostanze e valutandone le cause, e infine la situazione attuale ( separazione di fatto o procedimenti giudiziali di separazione e di cessazione degli effetti civili).

      Se dal colloquio insorgessero fondati dubbi sulla validità del matrimonio in questione, sarà  utile individuare elementi di prova, se ce ne fossero ( documenti legali o medici, testi-monianze, circostanze, ecc. ) e la loro disponibilità, a partire dalla collaborazione dell’altro coniuge, che frequentemente si rifiuta per svariati motivi a volte pretestuosi, dovuti unicamente ad animosità   oppure a desiderio di rivalsa. Le Regole procedurali suggeriscono:” Si indaghi se le parti sono d’accordo nel chiedere la dichiarazione di nullità”( art. 4). Dopo la riforma  l’indagine sulla possibilità di una domanda (o libello in termini tecnici) congiunta, ha carattere funzionale, per comprendere se sussistano i presupposti per il processo, così detto “breviore”, e rientra nella più ampia visione pastorale del processo, ma anche nel processo ordinario in passato consentiva un notevole risparmio di tempo. Ovviamente non è sufficiente l’atteggiamento collaborativo dei coniugi che chiedono la dichiarazione di nullità, ma come si precisa nelle Regole procedurali, il Giudice è sempre tenuto a raggiungere la certezza morale della asserita nullità, ovvero ” occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorchè non sia esclusa la possibilità del contrario ( art. 12 ).

      L’accompagnamento del Parroco ovviamente, oltre la consulenza iniziale, che si concluderà con un parere motivato, che potrà essere positivo, negativo oppure dubitativo riguardo alla possibilità o meno di introdurre una causa di nullità, dovrà continuare in ogni caso, offrendo un supporto pastorale e spirituale. Nel primo caso indirizzando alla stesura della domanda (libello introduttorio) secondo le modalità stabilite dalla normativa canonica, con la precisa  individuazione dei possibili capi di nullità da invocare, ricorrendo eventualmente ad un avvocato iscritto all’Albo del Tribunale ecclesiastico, per una corretta formulazione della fattispecie e valutazione delle prove, oggetto di un nostro successivo intervento. Nel secondo caso, quando non si riveli alcunché di anomalo, e il matrimonio sia andato in crisi per evidenti circostanze canonicamente irrilevanti , seguendo la delicata via del discernimento pastorale, non resta che orientare verso  una solida vita interiore, a sostegno della difficile situazione, spesso con la presenza di figli minori, secondo gli insegnamenti della Chiesa e del Magistero pontificio più recente  (  Familiaris Consortio, Evangelli Gaudium e Amoris Laetitia). E final-mente, nei casi incerti, è quanto mai opportuno rinviare ad   una ulteriore consulenza  più spe-cialistica, precisando che il Parroco dà un parere, non si pronuncia perentoriamente sulla validità di quel matrimonio.

 

     Papa Francesco concludendo il suo Discorso ai Parroci, dopo aver affermato, citando il Beato Paolo VI,  che “ la parrocchia è il luogo per antonomasia della salus animarum” , parla di un “vero catecumenato dei futuri nubendi particolarmente affidato ai Parroci”. Compito non facile, che suppone di pensare o vivere il matrimonio come un fatto sociale, prima ancora che “ come vero Sacramento che richiede una preparazione lunga, lunga”, e che i nubendi di oggi non capiscono e soprattutto non ci credono.

 

 

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